IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Nel processo penale a carico  di  Cuolibaly  Karamouko,  nato  in
Costa D'Avorio il 26 marzo 1976, elettivamente domiciliato presso  il
difensore d'Ufficio Avv. Roberta Liguori con studio in  Saronno,  via
Sabotino n.45. Imputato del reato di cui all'art.  10-bis  d.lgs.  n.
286/98 poiche' essendo cittadino straniero di paese non  appartenente
all'U.E., faceva ingresso ovvero si tratteneva sul  territorio  dello
stato senza essere  munito  del  prescritto  visto  di  ingresso  e/o
permesso di soggiorno in violazione delle disposizioni del d.lgs.  n.
286/1998 e successive modifiche. Accertato in Ferno  (Varese)  il  28
gennaio 2010. 
    Premesso che: 
        Coulibaly  Karamouko,  giunto  in  pari  data  con  volo   da
Casablanca, sottoposto a  controllo  da  parte  del  personale  della
Polizia  di  Frontiera  Aerea  di  Malpensa  (Varese)  e'   risultato
sprovvisto di qualsiasi documento di identificazione,  ha  dichiarato
le generalita' di cui sopra; indagato in  stato  di  liberta'  previo
fotosegnalemento e comparazione fotodattiloscopica A.F.I.S. con esito
negativo, e' stato fatto entrare in TN per istaurare la  pratica  per
Asilo Politico. 
    All'udienza  del  30  marzo  2010,   dichiarata   la   contumacia
dell'imputato       non       comparso,       sull'eccezione       di
illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis d.lgs. n. 286/98, come
introdotto dall'art. 1, comma  16,  legge  15  luglio  2009,  n.  94,
formulata dal suo difensore, il giudice si riservava  e  invitava  lo
stesso a produrre  memoria.  All'odierna  udienza  preso  atto  della
questione ivi sollevata, tenuto  conto  della  varie  ordinanze  gia'
emesse da altri giudici sul medesimo tema,  aderendo  in  particolare
alle  argomentazioni  dedotte  dalla  Procura  della  Repubblica  del
Tribunale di Torino che fa proprie, osserva e ribadisce che: 
        l'art. 10-bis  del  d.lgs.  n.  286/98  introdotto  dall'art.
1, comma 16 della legge 15  luglio  2009,  n.  94  prevede  la  nuova
fattispecie  criminosa  dell'«ingresso  e  soggiorno   illegale   nel
territorio dello Stato» sanzionando con l'ammenda da 5.000  a  10.000
euro «lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio
dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico
nonche' di quelle dell'art. 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68»; 
        tale norma appare in contrasto  con  l'art.  3  della  Cost.,
sotto i1 profilo dell'irragionevolezza della  scelta  legislativa  di
criminalizzare l'ingresso e la permanenza dei clandestini nello Stato
italiano; 
        pur riconoscendo  che  compete  al  legislatore  un  generale
potere «di regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione  ai
molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi  problemi
connessi  ai  flussi  migratori  incontrollati»  (Corte  Cost.  sent.
5/2004) facendo buon uso della sfera di discrezionalita' sua propria,
l'azione di tale  organo  costituzionale  trova  limiti  insuperabili
nell'osservanza  dei  principi  fondamentali   del   sistema   penale
stabiliti dalla Costituzione e nell'adozione di soluzioni orientate a
canoni di ragionevolezza e di razionalita' finalistica; 
        la irragionevolezza  della  nuova  fattispecie  criminosa  e'
chiaramente evidenziata dalla carenza di  un  pur  minimo  fondamento
giustificativo:  la   penalizzazione   di   una   condotta   dovrebbe
intervenire come estrema ratio, in  tutti  i  casi  in  cui  non  sia
possibile individuare altri strumenti idonei al raggiungimento  dello
scopo. L'obiettivo perseguito dalla nuova fattispecie  incriminatrice
e' costituito  dall'allontanamento  dello  straniero  irregolare  dal
territorio  dello  Stato:  tale  misura  e'  prevista  come  sanzione
sostitutiva irrogabile dal giudice di pace  ai  sensi  dell'art.  16,
d.lgs. n. 286/98 appositamente  modificato  per  comprendervi  tra  i
presupposti la sentenza di condanna per  il  reato  di  cui  all'art.
10-bis (cosi' alterando anche con l'espressa  introduzione  dell'art.
62-bis il sistema sanzionatorio designato dal d.lgs. n. 274/2000  che
prescriveva all'art. 62  l'espresso  divieto  di  applicazione  delle
altre  misure  sostitutive  di  pene  detentive  brevi);  inoltre  la
effettiva  espulsione   dello   straniero   in   via   amministrativa
costituisce causa di non procedibilita' dell'azione  penale,  il  che
rende  evidente  quale  sia  l'interesse  primario   perseguito   dal
legislatore; infine non e' richiesto alcun nulla osta  dell'Autorita'
Giudiziaria per l'esecuzione dell'espulsione, al chiaro scopo di  non
creare intralci alla predetta operazione. L'evidente finalita'  della
nuova  fattispecie  incriminatrice,  strumentale   all'allontanamento
dello straniero irregolare dal territorio dello Stato  ne  sottolinea
la  mancanza  di  una  ratio  giustificatrice,  perche'   lo   stesso
obbiettivo era perfettamente raggiungibile prima  della  introduzione
della nuova figura  di  reato,  mediante  l'adozione  dell'espulsione
coattiva in via amministrativa ai sensi  degli  artt.  13,  comma  4,
d.lgs. n. 286/98. L'ambito di applicazione  della  nuova  fattispecie
coincide  perfettamente  con   quella   della   preesistente   misura
amministrativa della espulsione, sia sotto il  profilo  dei  soggetti
destinatari, sia sotto quello  della  ratio  giustificativa.  Il  che
significa che c'era  gia'  nell'ordinamento  italiano  uno  strumento
ritenuto idoneo al raggiungimento  dello  scopo  (che  non  e'  stato
oggetto di alcuna modifica normativa) e  l'adozione  dello  strumento
penale resta privo di ogni giustificazione; 
        l'irragionevolezza  della  nuova  fattispecie  penale  emerge
anche sotto il profilo sanzionatorio; che comprende non solo la  pena
dell'ammenda  da  5.000  a  10.000  euro,  ma  anche  il  divieto  di
applicazione del beneficio della sospensione condizionale della  pena
e della facolta' concessa al giudice di pace di  sostituire  la  pena
pecuniaria con una sanzione piu' grave, quale quella  dell'espulsione
dallo Stato per un periodo non inferiore a cinque anni (unico caso di
misura sostitutiva piu' grave della sanzione principale sostituita); 
      
    l'art. 3 Cost. appare violato sotto un altro  profilo  specifico,
concernente la irragionevole disparita' di trattamento tra  la  nuova
fattispecie e quella dell'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98  che
prevede la punibilita' dello straniero inottemperante  all'ordine  di
allontanamento del Questore solo quando lo stesso  si  trattenga  nel
territorio  dello  Stato  oltre  il  termine   stabilito   e   «senza
giustificato motivo». Due condizioni che non si trovano  nella  nuova
figura criminosa, cosicche' e' sufficiente il venir meno per  qualche
motivo del  permesso  di  soggiorno  perche'  sia  immediatamente  ed
automaticamente integrata  una  ipotesi  di  trattenimento  illecito,
senza alcuna possibilita' per l'interessato, di addurre  una  qualche
giustificazione o di usufruire di un termine per potersi allontanare. 
    Va richiamata al riguardo la sentenza della Corte Cost 5/2004 che
ha salvato la costituzionalita' dell'art.  14,  comma  5,  d.lgs.  n.
286/98 proprio grazie interpretazione costituzionale orientata  della
clausola «senza giustificato notivo» considerata  al  pari  di  altre
simili rinvenibile nell'ordinamento, una «valvola di  sicurezza»  del
meccanismo repressivo atta ad evitare «che la sanzione penale  scatti
allorche' - anche al di fuori della presenza di vere e proprie  cause
di giustificazione - l'osservanza del precetto  appaia  concretamente
inesigibile» per i' piu' svariati motivi riconducibili «a  situazioni
ostative  di  particolare  pregnanza  che   incidano   sulla   stessa
possibilita' soggettiva od oggettiva, di  adempiere  all'intimazione,
escludendola, ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa». Il  nuovo
reato  di  immigrazione  clandestina   non   appare   conforme   alla
Costituzione perche' punisce  indiscriminatamente  tutti  i  soggetti
irregolarmente presenti nel  territorio  dello  stato,  senza  tenere
conto della  eventuale  esistenza  di  situazioni  legittimanti  tale
presenza. 
    Il nuovo art. 10-bis d.lgs. n. 286/98  appare  in  contrasto  con
l'art. 3 Cost nonche' con l'art. 25, comma 2  Cost.,  avuto  riguardo
alla  configurazione  di  una  fattispecie  penale   discriminatoria,
perche'  fondata  su  particolari  condizioni  personali  e  sociali,
anziche' su fatti e comportamenti  riconducibili  alla  volonta'  del
soggetto attivo; 
    infatti  la  nuova  fattispecie  incriminatrice   sanziona   solo
apparentemente una condotta (l'azione dell'ingresso e l'omissione del
mancato allontanamento) in realta' in se' e per se' del tutto  neutra
agli effetti penalistici, mentre il vero oggetto  dell'incriminazione
e' la mera  condizione  personale  dello  straniero,  costituita  dal
mancato possesso un titolo abilitativo all'ingresso e alla successiva
permanenza nel territorio dello  Stato,  che  e'  poi  la  condizione
tipica del migrante economico e dunque anche una condizione  sociale,
cioe' propria di una categoria di persone; una  situazione  priva  di
una qualche significativita' sotto  il  profilo  della  pericolosita'
sociale, difficilmente riconducibile ad  una  condotta  volontaria  e
consapevole  dello  straniero  migrante  essendo  costui  di   regola
costretto a fuggire dal proprio stato di appartenenza per ragioni  di
sopravvivenza e a subire la sottrazione dei documenti (ove esistenti)
da parte delle compagini criminali che  organizzano  i  viaggi  della
speranza. La  criminalizzazione  del  migrante  economico  appare  in
contrasto sia con il principio di  uguaglianza  sancito  dall'art.  3
Cost.  che  vieta  ogni  discriminazione  fondata,  tra  l'altro   su
condizioni personali e sociali,  sia  con  la  fondamentale  garanzia
costituzionale secondo cui si  puo'  essere  puniti  solo  per  fatti
materiali (art. 25, comma 2 Cost.). 
    La Corte costituzionale si e' gia' espressa  in  modo  inequivoco
sul  punto  stabilendo  nella  sentenza  78  del  2007,  in  tema  di
applicabilita'  delle  misure  alternative   alla   detenzione   agli
stranieri  clandestini,  che  «il  mancato  possesso  di  un   titolo
abilitativo alla permanenza nel territorio dello  Stato»  costituisce
«una condizione soggettiva» «che  di  per  se'  non  e'  univocamente
sintomatica ... di una particolare pericolosita'  sociale»;  dal  che
consegue «l'impossibilita' di individuare nella esigenza di  rispetto
delle regole in materia di ingresso e soggiorno in  detto  territorio
una  ragione  giustificativa  della  radicale  discriminazione  dello
straniero sul piano  dell'accesso  al  percorso  rieducativo  cui  la
concessione  delle  misure  alternative  e'  funzionale».  La   nuova
fattispecie renderebbe inapplicabile la citata sentenza  della  Corte
Cost.  e  inaccessibili  le  misure  alternative  alla  detenzione  a
stranieri  clandestini   condannati   a   pene   detentive   perche',
sanzionando  penalmente  la  clandestinita'  dello  straniero,   essa
collega a tale  condizione  un  implicito,  quanto  ingiustificato  e
irrazionale, giudizio di pericolosita' sociale, che  di  per  se'  e'
incompatibile - come ammesso  dalla  stessa  Corte  Cost. -  «con  il
perseguimento  di  un  percorso  riabilitativo  attraverso  qualsiasi
misura alternativa». 
    La nuova fattispecie appare infine  in  contrasto  con  l'art.  2
Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili  dell'uomo  e
richiede  l'adempimento  dei  doveri  inderogabili  di   solidarieta'
politica, economica e sociale. Con parole lungimiranti  perfettamente
applicabili anche ai nuovi poveri di oggi, gli stranieri migranti, la
Corte  Costituzionale,  con  la  sentenza  519  del  1995,  dichiaro'
l'illegittimita'  costituzionale  del  reato  di  mendicita'  di  cui
all'art. 670 c.p. non potendosi ritenere necessitato il ricorso  alla
regola penale per sanzionare la mera  mendicita'  non  invasiva  che,
risolvendosi in una semplice richiesta di  aiuto,  non  poteva  dirsi
porre seriamente in pericolo i  beni  giuridici  della  tranquillita'
pubblica  e  dell'ordine  pubblico.  Allo  stesso  modo  lo   spirito
solidaristico di cui e' impregnata la Carta  Costituzionale  dovrebbe
impedire l'adozione di misure puramente repressive per  risolvere  il
problema dell'immigrazione; lo straniero  migrante  non  puo'  essere
considerato pericoloso per l'ordine e  la  tranquillita'  pubblica  e
colpevole per il solo fatto di esistere. 
    Le questioni di  costituzionalita'  sopra  enunciate  appaiono  a
questo giudice serie comunque non manifestamente infondate: esse sono
inoltre rilevanti nel processo poiche' se accolte, con la conseguente
declaratoria di illegittimita' delle norme denunciate comporterebbero
l'assoluzione dell'imputata essendo lo stessa chiamata  a  rispondere
del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato
ai sensi dell'art. 10-bis d.lgs.  n.  286/98  come  introdotto  dalla
legge citata.